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Prelievo in banca dopo la morte dell’intestatario: che succede?

Se hai prelevato soldi dal conto corrente bancario di una persona defunta da poche ore ecco cosa potresti rischiare nel caso in cui la banca o gli altri eredi ti chiedano la restituzione delle somme.

Nel momento in cui decede l’intestatario del conto corrente, la banca blocca la possibilità di eseguire prelievi per poter procedere prima all’individuazione degli eredi e alla divisione tra questi della giacenza in modo da rispettare le quote previste dalla legge o nell’eventuale testamento. Queste operazioni spesso richiedono molto tempo, con pregiudizio per gli eredi. Solo in via eccezionale l’istituto di credito autorizza, con il consenso di tutti i chiamati all’eredità, il prelievo strettamente necessario alle spese funerarie. Se però la banca non viene informata del decesso e il conto non viene bloccato, chiunque potrebbe utilizzare la tessera bancomat del titolare del conto anche dopo la sua morte, così come l’eventuale delegato, con firma disgiunta, o il cointestatario del conto medesimo potrebbero disporre bonifici in proprio favore. Cosa prevede la legge in questi casi e che succede se c’è un prelievo in banca (o dal bancomat) dopo la morte dell’intestatario? Cerchiamo di analizzare tutte le possibili ipotesi che potrebbero configurarsi in questi casi.

Se l’erede che rinuncia all’eredità fa un prelievo dal bancomat

Immaginiamo che uno degli eredi faccia un prelievo dal bancomat e successivamente rinunci all’eredità. La banca ha la possibilità di vedere, dalle telecamere a circuito chiuso, puntate contro lo sportello ATM, chi ha eseguito il prelievo e se l’operazione è avvenuta successivamente all’orario di decesso dell’intestatario del conto (riscontrabile dall’atto di morte), questo gesto ha un significato ben preciso: accettazione dell’eredità. Per cui, se l’erede che ha eseguito il prelievo dal bancomat volesse, in un successivo momento, rinunciare all’eredità non potrebbe più farlo. Ostano, a tal fine, due disposizioni. La prima è contenuta nel codice civile [1] che stabilisce la decadenza dalla facoltà di rinuncia all’eredità per chi sottrarre o nasconde beni relativi all’eredità. In tal caso, se uno dei chiamati all’eredità occulta la somma senza dirlo agli altri coeredi, egli si considera erede puro e semplice.

Attenzione però: l’azione della sottrazione deve essere compiuta in malafede, con malizia o con l’intenzione fraudolenta. Un comportamento tenuto in buona fede, ad esempio, nel convincimento di disporre di cose proprie, o una condotta finalizzata ad evitare che i beni possano essere sottratti dai ladri o dai rapinatori, non sarebbe evidentemente sufficiente a realizzare tale ipotesi.

Il risultato è che l’erede che ha fatto il prelievo dal bancomat in modo “occulto”, ossia con l’intento di evitare che l’istituto di credito potesse bloccare il conto per molto tempo, si troverà a dover pagare i debiti del defunto anche con la stessa banca, con il fisco e con chiunque altro essendo il suo comportamento in contrasto con la possibilità di rinunciare all’eredità.

Come impedire tutto ciò? Bisognerebbe dimostrare che chi ha eseguito il prelievo non lo ha fatto con l’intento malizioso di sottrarre i beni dell’eredità, ma ha agito su delega o comunque con la consapevolezza di tutti gli altri eredi, magari per provvedere al pagamento delle onoranze funebri (di cui dovrebbe dare dimostrazione). Essendo però egli nel possesso dei beni dell’eredità (il denaro) avrà tre mesi di tempo per fare la rinuncia e nei 40 giorni successivi l’inventario dei beni in suo possesso (ossia indicare la somma che ha prelevato e l’eventuale eccedenza che gli è rimasta). Il problema potrebbe a questo punto sorgere per gli altri eredi che, nell’autorizzare il prelievo, dovrebbero però accollarsi il debito del defunto, poiché l’atto di accettazione tacita dell’eredità sarebbe a loro imputabile. Senza contare che, se non ci sono altri eredi tutto ciò non è più possibile.

Si potrebbe allora sostenere che l’erede che ha prelevato era nell’assoluta inconsapevolezza della già consumata morte dell’intestatario del conto ed ha agito in buona fede.

Segnaliamo, per completezza, il parere di alcuni esperti del diritto secondo i quali, se è vero, da un lato, che per escludere la possibilità di rinunciare all’eredità è sufficiente la volontarietà dell’appropriazione dei soldi e la coscienza che si tratti di bene ereditario, dall’altro lato è però ammesso il ravvedimento operoso, ossia la spontanea restituzione dei beni sottratti per non acquisire il titolo di erede.

Secondo poi il notariato, la mancata redazione dell’inventario invalida la rinuncia all’eredità.

Se gli altri eredi chiedono la restituzione dei soldi

Chi esegue un prelievo dopo la morte dell’intestatario del conto è obbligato a restituire agli altri eredi la parte di denaro prelevata, anche se ha eseguito la spesa per necessità funerarie, a meno che non abbia previamente comunicato la gestione del denaro per conto e nell’interesse di tutti.

Diverso è il discorso se il prelievo viene eseguito dal cointestatario. Qui le cose si potrebbero complicare. Di norma, il cointestatario del conto ha la possibilità di disporre della metà delle somme depositate; nessuno quindi gli potrebbe contestare il comportamento. Dall’altro lato, però, uno degli eredi potrebbe contestare la natura simulatoria della cointestazione, come nel caso di chi abbia eseguito tale operazione solo al fine di farsi coadiuvare nella gestione delle operazioni bancarie. Pertanto, in una situazione del genere, egli dovrà restituire agli altri eredi tutta la somma che ha prelevato.

 

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