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Cosa vuoi diventare dopo la morte: una lapide, un albero o un corallo?

Life after life, la vita oltre la vita. E non stiamo parlando di un ipotetico aldilà, ma del fatto, che, una volta morti, possiamo in qualche modo essere reimmessi nel ciclo della vita, nella natura.
Rientrare in the circle of life, per fare un’altra citazione.
Una risposta alla volontà di essere sostenibile, di non essere rinchiusi tra alluminio, legno e marmo, in un luogo che sa solo di morte e che spesso diventa una piaga urbanistica per le nostre città. Un modo anche per recuperare il rapporto con i morti e con i tabù legati alla morte, inglobando, con maggiore serenità, questa fase della vita dei nostri cari, nel nostro percorso.

In Inghilterra i cimiteri verdi, dove le lapidi sono sostituite da rigogliosi alberi commemorativi, sono una prassi comune.
Pensaci: questa soluzione soddisfa anche chi ha necessità di vivere il lutto recandosi con frequenza sul luogo di sepoltura. Non potrà portare fiori o pulire la foto o la lapide, ma forse il rapporto potrebbe diventare addirittura più intimo e salutare. Per il parente, ma anche per utenti di passaggio, significherebbe vivere uno spazio naturale, verde, che magari esplode di vita, godendo della pace di quel luogo e, se qualcuno ne sente il bisogno, perché no, facendo quattro chiacchiere con quell’albero, riparati dalle sue fronde.

Dispersione delle ceneri e nuove sepolture ecologiche.
Le soluzioni progettate in tal senso sono davvero varie. Ma non tutte lecite nella totalità dei paesi, specialmente in Italia.

Capsula Mundi.
È un progetto italiano di Anna Citelli e Raoul Bretzel: un baccello a forma di uovo, in cui il corpo del defunto è posto in posizione fetale all’interno di un contenitore in materiale biodegradabile, prima di essere sepolto nella terra. Sopra il luogo di sepoltura, e quindi sopra l’uovo, viene piantato un albero, scelto dal defunto prima della morte o dalla sua famiglia.
Il progetto è anche in esposizione alla Triennale di Milano fino all’1 settembre 2019.

Un vestito funebre con spore di funghi.
Jae Rhim Lee, artista e fondatore di Ceoio, realizza una speciale veste funebre che nel tessuto ospita le spore di diverse tipi di funghi. Questi organismi cresceranno nutrendosi del corpo del defunto, accelerandone la decomposizione.

Compostaggio umano.
Lo stato di Washington è il primo stato Usa a consentire la trasformazione in fertilizzante di resti umani (da maggio 2020), come alternativa alla sepoltura o alla cremazione. Il corpo che viene avvolto in un sudario e posizionato in un lungo vaso cilindrico, per essere poi adagiato su un letto fatto di materiale organico, come paglia, erba medica, trucioli di legno, erba medica e paglia. Si accellera l’attività microbica aspirando periodicamente l’aria e fornendo ossigeno. In un mese circa i resti vengono ridotti in compostaggio e possono essere usati come concimi.

Bara ecologica e biodegradabile.
Di Shaina Garfield l’idea di realizzare una bara ecologica, Leaves, che utilizza un fungo per aiutare a biodegradare il corpo in modo che si decomponga rapidamente, fertilizzando il terreno circostante. Il corpo viene avvolto in cotone naturale, posato su una superficie di legno di pino, fissato con una rete tessuta di corda che è stata allacciata con spore fungine.

“Negli Stati Uniti, consumiamo immense quantità di risorse per fare le nostre bare, emettiamo tossine nell’aria durante la cremazione e contaminiamo la nostra acqua durante l’imbalsamazione”, ha spiegato la Garfield.
In Gran Bretagna si utilizzano molto il vimini e il cartone. Ma più di recente si sono adoperati anche la foglia di banana, il bambù, la lana. Una delle principali industrie tessili del Regno Unito, Hainswort, ha registrato un aumento del 700% della domanda di bare di lana nel 2011-2012. E le bare sono talmente piaciute a Carlo d’Inghilterra, che le espose a casa sua in occasione di una fiera ecologica.

Barriere coralline artificiali.
Ceneri mescolate con una speciale miscela di cemento per creare con esse una sfera che verrà poi fatta affondare nei pressi della barriera corallina preferita, dove sarà colonizzata da microrganismi e creature varie.
Si chiama Eternal reef e sostiene la vita marina in un momento in cui le barriere coralline tradizionali subiscono un deterioramento significativo.

Urna in bioplastica.
Un’urna a forma conica, in cui le ceneri del defunto vengono rilasciate gradualmente nella natura.
Il progetto è dello studio Nienke Hoogvliet che ha sfruttato un metodo per trasformare le acque reflue, partendo in particolare dai batteri presenti nelle acque di scarico, in bioplastica, che combinata alle ceneri dà vita a questa urna di cremazione sostenibile.

Bios Incube di Bios Urn.
Il primo incubatore ad albero progettato per l’aldilà: un sistema intelligente che funziona insieme a Bios Urn, un’urna biodegradabile che conserva le ceneri cremate. L’incubatore viene fornito con un seme all’interno che diventerà un albero e la crescita della pianta viene monitorata tramite un’app per smartphone. Il tutto è accessoriato con un sistema di auto-irrigazione incorporato che si attiva da un dispositivo collegato alla superficie del terreno.

Riduzione in cenere con idrolisi alcalina.
Invece del fuoco, l’idrolisi alcalina, per riportare il corpo ai suoi elementi base.
Il liquido sterile privo di DNA che risulta viene restituito al ciclo dell’acqua, mentre le ceneri ossee che lo accompagnano rimangono in un’urna da dare ai propri cari. Con questo procedimento si riducono le emissioni di gas serra di un funerale di circa il 35%.

Dispersione delle ceneri e le nuove sepolture ecologiche in Italia.
Esiste una legge nazionale che permette la dispersione delle ceneri nel terreno, in aree a ciò appositamente destinate all’interno dei cimiteri, in natura o in aree private, mentre è vietata nei centri urbani (art. 3, L. 30.3.2001 n. 130). L’applicazione della legge è demandata a livello locale, per questo è sempre bene informarsi presso gli uffici preposti.

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